Balestrazzi racconta Auticon: «Abbiamo dimostrato che la neurodivergenza è un valore»

Fondata in Germania e attiva in Italia dal 2019, Auticon è una società di consulenza tecnologica unica nel suo genere: impiega esclusivamente professionisti nello spettro autistico, valorizzandone i talenti cognitivi in settori come il data analysis, il software testing, l’intelligenza artificiale e la cybersecurity. Abbiamo intervistato Alberto Balestrazzi, CEO di Auticon Italia, che ci ha raccontato come è nato il progetto nel nostro Paese, quali sfide ha incontrato, e perché l’inclusione – quando è reale – non è un obiettivo etico, ma un vantaggio competitivo.

La prima domanda è chiaramente un po’ più introduttiva. So che Auticon è nata nel 2011…

È stata fondata nel 2011. Operativamente è iniziata nel 2013. E non è di origine italiana – non prendiamoci meriti – ma tedesca. Dal 2013 in poi sono partiti i primi progetti ed è diventata una vera e propria azienda. Fino al 2016 è rimasta tedesca, pur espandendosi. Avevano sei uffici, poi dal 2016 è cominciata l’espansione in altri paesi: Inghilterra, Francia, poi Italia due anni dopo, e poi Canada, Svizzera, nel 2019 Australia, poi Nuova Zelanda, e nel 2023 c’è stata una fusione con un’altra azienda simile, più piccola, che operava nei Paesi nordici: Finlandia, Svezia, Norvegia, Olanda, Polonia. Così è stato creato un gruppo, Auticon Group, con una holding, che possiede le varie branch nei vari paesi. Ora siamo in 15 paesi, con anche l’Irlanda, che pur essendo gestita da Londra ha comunque un suo ufficio.

Facciamo un focus sul mercato italiano. Com’è stato l’arrivo in Italia? Le cose sono andate lisce o ci sono state difficoltà, come spesso accade in questo campo? Quali sono state le principali sfide e opportunità?

Io ho fatto una startup a 60 anni, ed è stato divertente. Avevo l’esperienza di 30 anni nel settore della consulenza, non nell’autismo. Avevo molte conoscenze nelle grandi aziende e una buona reputazione, quindi il tema clienti non mi preoccupava. Non avevo nessuna esperienza con l’autismo: conoscevo solo gli stereotipi da film e serie, quindi ero preoccupato di non sapere come comportarmi con persone autistiche. Mi sono fidato del fatto che Auticon funzionava in Germania, Inghilterra, Francia, quindi ho pensato: non c’è motivo per cui non debba funzionare anche in Italia. Le difficoltà ci sono state, ma pratiche, non concettuali. Non mi spaventava il mondo dei clienti, mentre quello delle risorse umane lo conoscevo poco. Ho studiato, mi sono fatto aiutare. E poi, ripeto, non era un salto nel vuoto. Siamo partiti il primo febbraio 2019 e a fine maggio avevamo il primo progetto. A fine anno avevamo già quattro clienti: Poste Italiane, Credit Suisse, Autogrill e Air Liquide. Quattro giganti. A fine 2019 sapevamo che la cosa funzionava. Siamo andati in pareggio il secondo anno. Nel nostro lavoro, la referenza è fondamentale. Una volta avuto il primo cliente, gli altri arrivano. Nel 2020, come tutti, ci siamo spaventati. Il lockdown ha bloccato tutto, ma noi siamo riusciti a lavorare da remoto. E così abbiamo preso clienti importanti: Johnson & Johnson, Enel… sempre da remoto. Oggi abbiamo una media di 15 clienti, ma sono tra le aziende più grandi d’Italia: Banca Intesa, Eni, Snam, Mediolanum, Poste. Le vere difficoltà sono arrivate più con l’inizio della guerra in Ucraina: le aziende hanno rallentato, ma non ha inciso troppo. Nel 2023 abbiamo sentito il bisogno di fare un salto di crescita. L’arrivo di Imma Di Lecce nel ruolo di Direttore Commerciale ci ha aiutato molto: ha portato le sue relazioni. Il nostro successo si deve al fatto che non eravamo sconosciuti. Quando andiamo da un cliente, spesso è un “ciao, che bello rivederti”. Questo fa la differenza. Il nostro team non è composto da ragazzi giovani. I project manager sono persone con esperienza. Non abbiamo bisogno di fare carriera: l’abbiamo già fatta. Siamo entrati in Auticon per scelta, per un impatto sociale. Le persone che lavorano con noi dipendono realmente da noi. Alcune di loro non hanno mai avuto un lavoro prima. Sentiamo la responsabilità.

In foto: Imma Di Lecce

Come funziona il processo di selezione e inserimento delle risorse in Auticon?

Siamo un’azienda normale. Si entra da dipendenti, non da tirocinanti. Vendiamo progetti ai clienti e poi scegliamo le persone più adatte nel nostro team. Facciamo testing, sviluppo, intelligenza artificiale… Abbiamo bisogno di persone con due caratteristiche: essere autistiche e avere talenti cognitivi specifici. Le persone autistiche ad alto funzionamento spesso hanno doti innate: attenzione ai dettagli, iperconcentrazione, capacità logico-matematica. Il processo di selezione prevede tre test non verbali, online o in presenza, per misurare queste doti. Se si superano i test, c’è un workshop di quattro giorni in sede, con esercizi individuali e di gruppo. L’obiettivo è duplice: capire se la persona è in grado di lavorare otto ore al giorno e conoscere le sue caratteristiche autistiche per poterla supportare al meglio. I nostri psicologi analizzano i risultati e osservano durante il workshop. Il job coach, che poi seguirà la persona in azienda, deve conoscere bene punti di forza e fragilità. Non assumiamo se non siamo sicuri. Non possiamo permetterci di dire “proviamo”. Una volta dentro, la persona resta con noi per sempre. Nessuno ha mai dato le dimissioni. Vediamo circa 100 persone all’anno e ne assumiamo 5. Il processo è selettivo perché il margine di errore non ce lo possiamo permettere.

I clienti si aspettano il “Rain Man” di turno o sono preparati?

I clienti hanno gli stessi bias che avevamo io e Imma prima di entrare in Auticon. Hanno paura o aspettative esagerate. Ma noi li formiamo. Non vendiamo geni e non vendiamo problematici. Offriamo professionisti con un “sistema operativo diverso”. Nella fase di vendita spieghiamo chiaramente cosa sappiamo fare e cosa no. L’aspettativa viene gestita prima. C’è sempre un po’ di titubanza all’inizio, è comprensibile. Ma una volta che capiscono che sono persone normali, apprezzano molto. Il vero valore aggiunto che diamo ai clienti è questo cambio di prospettiva sulla diversità. Non bisogna cercare i difetti, ma valorizzare i talenti. Noi mascheriamo i nostri difetti, le persone autistiche no. Ma hanno anche talenti che noi non abbiamo.

Quali sono i prossimi obiettivi in Italia? Nuove attività, progetti, collaborazioni?

Vogliamo restare un’azienda tecnologica, ma il mercato cambia. All’inizio facevamo testing e reportistica. Oggi facciamo più analisi dati. Tutti vogliono lavorare sui dati. Stiamo lavorando su progetti complessi con intelligenza artificiale, anche investendo, perché il testing sarà sempre più automatizzato. Una nostra fissa è la cyber security: settore in fortissima crescita, e sappiamo che le persone autistiche sono molto portate. In Italia non l’abbiamo ancora sviluppato a pieno. In altri paesi già ci lavorano molto. Stiamo cercando alleanze e partnership. Allo stesso tempo, vogliamo offrire opportunità anche a chi non ha competenze informatiche avanzate. Lavori ripetitivi come data cleaning, catalogazione, estrazione informazioni da documenti. Per esempio, stiamo lavorando con immagini satellitari per la prevenzione dei disastri ambientali: 60.000 immagini da analizzare. Le prime 20.000 analizzate con un errore dello 0,1%. È una precisione che solo le persone autistiche riescono a garantire. Se i dati sono perfetti, l’intelligenza artificiale funziona meglio. Questa è una delle nostre grandi sfide. Seguiamo il mercato e i talenti. Ci muoviamo anche fuori dall’informatica tradizionale. Vogliamo continuare a crescere, essere profittevoli e assumere più persone. Questo vuol dire avere impatto. “Il messaggio siamo noi”, come diceva qualcuno. Abbiamo anche scritto un libro: Cambiare prospettiva. Lo abbiamo fatto per raccontare la nostra storia. Il libro usa la metafora di un viaggio spaziale, come l’Apollo 8 che inquadrò per la prima volta la Terra vista da fuori. Il cambio di prospettiva ha sconvolto gli astronauti. Così anche noi: pensi di andare da una parte e invece scopri qualcosa di te stesso. Il messaggio è: cambiare prospettiva migliora la vita nostra e degli altri. L’incontro con la diversità ha cambiato noi, il nostro modo di concepire il lavoro, l’azienda, i rapporti gerarchici. Consiglio di leggerlo. Il cambiamento parte da dentro. Un messaggio molto filosofico.

L’articolo Balestrazzi racconta Auticon: «Abbiamo dimostrato che la neurodivergenza è un valore» proviene da IlNewyorkese.

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